sabato 30 aprile 2011

EDUCAZIONE: ok comandi chiari, ma il cane è più intelligente di quel che pensiamo...


Tra le tante perverse cose che Frodo ha dovuto imparare vivendo con noi c’è il significato della parola BRAVO. Questa viene usata per fargli i complimenti quando fa qualcosa come andrebbe fatta, e lui, anche quando pretende d’essere indifferente, é visibilmente compiaciuto di questi "sviolinamenti" che spesso sembrano essergli più graditi del più delizioso dei bocconcini. A maggior ragione se “bravo” viene detto a lui e non ad un altro cane che sia presente alla scena.

Tanto per fare inorridire qualsiasi educatore cinofilo che si rispetti, o forse semplicemente per la forza di perversione implicita nella natura delle cose, "bravobravo" è divenuta la parola convenuta quando si annuncia a Frodo che viene lasciato (a casa, di fronte ad un bar o negozio, nell’angolino di una libreria, in albergo). Ogni buon istruttore vi dirà che occorre impartire al cane “comandi precisi e non ambigui” e dunque usare la stessa parola per designare due cose che più antitetiche non si può: un premio ed una "punizione", è quanto di più sbagliato si possa fare.

Non è che volessimo fare gli anarchici, solo che finché abbiamo razionalizzato il tutto, la frittata era già bella che fatta.

Quanto a lui, il cane, ci ha mostrato ancora una volta quanto la sua intelligenza sia versatile e plastica. Quando gli annunciamo che deve fare il bravobravo perché usciamo senza di lui la reazione è immediata, casca a terra come un salame, le zampe all’aria come se stroncato di colpo. Non c’è una volta che sbagli reazione. Ancora non mi è chiaro come faccia a distinguere il significato di questo bravobrao, dal BRAVO detto come premio per qualcosa di ben fatto. Sa leggere correttamente il contesto degli avvenimenti e non confonde mai le due cose anche se il BRAVO complimento è ripetuto BRAVOBRAVO; di più, lui sa che quello è un complimento persino se glielo sussurro con tono di voce simile a quello dell’abbandono.

Dunque non è neppure il solo tono delle parole, ma egli interpreta “contesto, suono, i nostri gesti ed il nostro linguaggio del corpo” e sa senz’ombra di dubbio a cosa ci riferiamo. Piccole magie quotidiane.

sabato 23 aprile 2011

Il cane sul letto


Tra gli educatori cinofili non si trova un punto di accordo. No dicono i "gerarchici", il letto è il posto in alto, ambito anche più del divano, ed il nostro cane che sa di essere un subordinato deve sapere che quello non è il suo posto. Per il no ci sono ovviamente gli igienisti. I quartieristi, per cui il cane non può avere accesso neppure alla camera da letto. Ed ancora i “morbosisti” quelli che ritengono che il cane sul letto non ci debba dormire ad evitare un attaccamento eccessivo e morboso nei confronti del padrone. Quelli del si alzano spallucce e dicono che in realtà si tratta di una pratica innocente che non fa né bene né danno.

C’è probabilmente un pizzico di vero in ciascuna delle posizioni citate, ma a mio parere, occorre guardare caso per caso. Eviterei il letto per un cane eccessivamente geloso o ansioso nei confronti del padrone, ma nemmeno lo sbatterei fuori dalla camera da letto. Non violenterei mai un’igienista obbligandolo a dormire con il “contaminato” peloso. Il quartierista dovrebbe fare almeno un eccezione quando il cucciolo gli arriva in casa ad evitare che si senta solo e spaesato ed abituarlo gradualmente a gestire i suoi spazi.

Lo so che ve lo state chiedendo, che vi brucia in punta di lingua..... e Frodo? Frodo, inaspettatamente per me che ero schifiltosina parecchio e ben avviata sulla strada dei “quartieristi”, avrebbe libero accesso anche al letto, ma troppo caloroso ci sale solo al mattino per la sveglia. Intendiamoci, siamo fortunati, dormire in 3 sarebbe fisicamente impossibile date le dimensioni di ciascun componente del terzetto, occorrerebbe acquistare un King-Size o costringere Giovanni nella cameretta..... Meno male che non occorre scegliere, per il momento.

sabato 16 aprile 2011

Paura del cane? Si può superare.



Qualche giorno fa è venuta in negozio una cliente cui Frodo si è avvicinato per la rituale annusatina. Lei ha fatto un sobbalzo ed io ho invitato Frodo a tornare al suo posto, capendo che quell’avvicinamento non era gradito. La cliente mi ha poi confessato di essere stata vittima di uno spiacevole episodio con un cane quando era piccola, e che da allora la sua paura per i cani non ha fatto che crescere fino a divenire una schiavizzante fobia.

Fino a quando non ha poi deciso di prendere di petto la situazione e rivolgersi ad un
educatore cinofilo che piano piano le sta insegnando a capire ed interpretare il linguaggio dei cani. Ha conosciuto un piccolo meticcio (salvato dopo l’ennesima storia di abbandono, da questo educatore), e con lui sta imparando piano piano a “rapportarsi” con un animale.

“Un tempo a vedere il tuo cane libero in negozio avrei trovato una scusa per andare via immediatamente.” Ed invece abbiamo chiacchierato, abbiamo visto i prodotti cui era interessata ed infine ci siamo salutate.

Ammiro tanto chi riesce ad affrontare le proprie paure, a capire che non sono gli animali (o l’oggetto della nostra fobia) ad essere sbagliati, ma il nostro rapporto (o mancato rapporto) con loro, occorre r
imettersi in discussione, e quando questo riguarda la sfera emotiva e più irrazionale le cose si fanno più difficili. Con intelligenza è andata al cuore del problema cercando la figura più adatta, una persona che con i cani lavora tutti i giorni, ma che è stato altrettanto disponibile ed aperto da non “sminuire” le sue paure, ma le ha concesso tutto il tempo necessario per “avvicinarsi agli animali” e capire quelle ritualità così diverse che creano “problemi di comunicazione”.

Che dire? Ben fatto, bravi, a tutti e due, anzi tre, meticcio incluso!

sabato 9 aprile 2011

Amor proprio o cane permaloso?


C’è un segnale convenuto che dice a Frodo che è ora di andare: il mio dirimpettaio che abbassa la saracinesca del suo negozio.  A quel punto Frodo, che sulle scale ha dormito, o preteso di dormire, fino a quel momento, alza lo sguardo e mi fissa fino a che non mi vede compiere a mia volta le operazioni di chiusura.  Quando infine mi dirigo verso la porta, dà sfogo al suo entusiasmo contenuto fino a quel punto, precedendomi, girandomi attorno ed invitandomi al gioco.
Qualche giorno fa, dovendo partecipare ad una riunione dei commercianti del centro storico gli ho sussurrato “Frodo, torno subito fai il bravo-bravo” lui si è bloccato ferito e nella più devastante delle interpretazioni da attore consumato si è lasciato cadere a terra a zampe alzate come se colpito in pieno petto.  “bravo-bravo” è la più terribile delle notizie che io possa dargli, significa rimanere solo, e soprattutto essere escluso da “un’uscita”.  
Ieri qualcosa nei miei gesti lo ha preavvertito.  C’era un leggibile rischio che la cattiveria si ripetesse, mi studia più guardingo, alza la testa mentre faccio le mie ultime operazioni ma non si alza, poi quando vado nel retro del negozio, mi segue e non mi precede.  Decido di evitargli l’angoscia dell’incertezza e gli comunico che ebbene sì dovrà fare il bravobravo.  Prima si ripete la solita scena con lui paralizzato a zampe all’aria che si passa la lingua impastata sulle labbra come se per il dolore non riuscisse neppure a deglutire.  
Torno davanti ed il moribondo è sparito.  Lo cerco e lo trovo al suo posticino sulla sua copertina.  Non viene a salutarmi, ci mancherebbe, io lo abbandono e lui impermalosito sta lì e fa finta di niente “Va pure via, io sono un cane forte ed indipendente”.  Anche questo è un rito che si ripete ogni volta che a casa gli annunciamo che usciremo senza di lui, si va a stendere al suo posticino e se può cerca di voltarci le spalle.  
Quando ritorno lo trovo esattamente dove lo ho lasciato, ma un cane può essere permaloso ma non prova mai rancore e mi accoglie con infinite feste e baci, in tutta la sua gioia mi precede verso la porta per essere certo che stavolta non sarà “abbandonato” di nuovo, e con contegno felice da cucciolo dimentica persino quel suo forte senso d’amor proprio.

sabato 2 aprile 2011

ADOZIONE O ALLEVAMENTO 3: le gioie dell'adozione.




Naturalmente, si era presa un cane. All’inizio aveva deciso per un gatto pensando che, visto che sembrava lanciata a precipizio verso un’eccentrica zitellagine, avrebbe dovuto cominciare ad equipaggiarsi. Ma quando era arrivata all’ASPCA, la società che si occupa della prevenzione delle crudeltà contro gli animali, aveva visto un vecchio cane, un grosso pit-bull incrociato, così bianco da sembrare quasi rosa, una femmina che scodinzolava con un tale pessimismo che l’aveva portata a casa con sé.  L’aveva chiamata Beatrice, malgrado avesse giurato di non darle un nome da umano, trovandola una cosa bizzarra e particolarmente patetica per una donna senza figli.  Ma il cane le sembrava meritare un nome vero. Beatrice non era giovane. L’ASPCA l’aveva trovata mentre vagava per le strade del Bronx. Quasi morta di fame e coperta di pulci, era palesemente sopravvissuta  un’esistenza difficile. Beatrice era un nome con una sua intrinseca dignità, e Jody pensava che la vecchia cagna lo meritasse.  (...) 
Si fidava di chiunque, e questo testimoniava la sua natura gentile, visto che fino all’incontro con Judy, nessuno aveva mai meritato la sua fiducia. Ma Beatrice sembrava essere superiore alle brutture del mondo, ed esse a loro volta sembravano indegne di lei.  Aveva visto molto, sembrava dire, perciò nulla la sorprendeva più, nulla la spaventava, nulla la turbava.  Era fortunata di essere viva, e ne sembrava consapevole.  (...)
E sorrise del suo destino.  Aveva preso Beatrice otto mesi prima, otto mesi di compagnia ed adorazione reciproche.  Quando si sentiva sola, guardava Beatrice.  Quando aveva bisogno di qualcuno con cui parlare, parlava con Beatrice.  Jody era convinta che la sua vita, sebbene per gli standard consueti fosse tutt’altro che completa, sarebbe andata benissimo.
Poi Jody conobbe Everett e si innamorò....”
Perché contrariamente a quel che si pensa i nostri animali più spesso ci fanno aprire al mondo anziché chiuderci.... Splendido libro in cui vite di cani e di bipedi si incrociano casualmente in semplice quartiere newyorchese, e gli incontri, si sa, ci cambiano.

sabato 26 marzo 2011

Cani pericolosi: storia di un’aggressione furiosa e gratuita


Domenica, 20 Marzo, mentre andavamo a Sellata, ci è passato a fianco, immergendosi nel verde, un lampo giallo,  e con Giovanni abbiamo urlato “un golden!” e ci siamo fermati come se fossero esemplari rarissimi.... Solo allora abbiamo degnato di uno sguardo il bipede che lo accompagnava per accorgerci che già ci conosciamo.
Ci siamo fermati a chiacchierare ed appreso una storia terribile.  Proprio lì, a due passi da casa, usciti nella sera del 20 Dicembre per la solita passeggiata notturna, Roy è stato aggredito da un rottwailer, libero, senza padrone in vista, che é arrivato silenzioso alle spalle e lo ha attaccato nonostante la sua piena sottomissione.  Nicola ha dovuto impegnarsi in un terribile corpo a corpo cercando di aprire la terribile morsa che schiacciava furiosa la testa di Roy.
Non mollava la presa, solo bloccandolo a terra col suo corpo e serrandogli la gola, esponendosi a sua volta ad un terribile attacco, è riuscito a salvare Roy, un miracolo che a Nicola è costato un taglio alla mano che ha richiesto 20 punti di saturazione al pronto soccorso.  Roy, 3 mesi dopo, porta ancora addosso i segni di quell’attacco.
Data la tenacia può trattarsi di un rottwailer addestrato ai combattimenti, o forse semplicemente addestrato alla “difesa”.  
Chi siano gli assassini che lo hanno lasciato in libertà non si sa.  Certo è che le razze ex-pericolose finiscono 99 volte su 100 in mano ad emeriti cretini, che nel migliore dei casi non sanno gestirli. Io continuo a credere che un patentino dovrebbe essere obbligatorio, gli incroci di fortuna severamente vietati, mentre ancora pochi sono i controlli per la triste storia dei cani da combattimento, e se per quello anche i semplici controlli sul microchip.
In Svezia tutti i cani, a prescindere dalla razza, che rappresentino una minaccia per gli uomini o altri animali, sono severamente vietati, e le pene inflitte ai proprietari di cani aggressivi sono tali che chi vuole un cane come Rottwailer, Pitbull, Dobermann etc si farà scrupolo di acquistarlo solo da allevamenti che ne assicurino un ottimo carattere, e lavorerà alla sua socializzazione con serio impegno e con l’aiuto di esperti. 
Vi lascio sulle uniche dolci note di questa storia, un uomo che per salvare il suo cane non ci ha pensato due volte a rischiare la vita: “questo è il mio primo figlio” ha commentato semplicemente....

sabato 19 marzo 2011

ADOZIONE O ALLEVAMENTO 2: gli allevamenti da evitare.



SEQUESTRI DI CUCCIOLI MALTRATTATI
In questi ultimi anni ci sono stati diversi sequestri da parte delle Forze dell’Ordine di interi camion il cui carico era cuccioli denutriti, rinchiusi in sporche gabbiette, allontanati troppo presto dalla madre, destinati a soddisfare la domanda di cani di razza a prezzi modici.  L’origine del traffico è spesso nei Paesi dell’Est Europeo.  In realtà hanno recentemente rapito una cagnolina Pastore Tedesco dai vicini di mio fratello ad Udine, ed i carabinieri non hanno avuto dubbi, “l’avranno presa per farle fare cuccioli”, il fenomeno si sta intensificando. Si levano anche denunce per l’area tra il Casertano ed il Napoletano, dove femmine di razza racchiuse in garage senza luce vengono fatte figliare ad ogni calore.  In condizioni di trascuratezza e crudezza massime.  I piccoli vengono presto allontanati dalla madre per indurre quanto prima un nuovo calore nella cagna.  Parto ed allattamento provano molto gli animali, qualsiasi buon allevatore vi dirà delle extra-cure di cui una mamma ha bisogno prima, durante e dopo la gravidanza, in termini di alimentazione, cure, movimento, nonché affetto e coccole.  Gli animali dell’est e quelli dei garage nostrani non hanno diritto a nulla e vengono eliminate quando improduttive, o se le loro condizioni di salute diventano troppo precarie.
LE FALSE CERTIFICAZIONI
Questa è una perversione della richiesta di cani di razza da parte di padroni che si vedono recapitare un cucciolo senza nulla voler sapere di dove si sia cresciuto, in quali luoghi e da chi sia stato allevato. Volete davvero incoraggiare questo traffico? Badate bene, tutti questi cuccioli hanno tutto il “sistema delle certificazioni “ a posto.  Hanno un pedigree, spesso mi dicono italiano, nonostante la provenienza da Oltralpe, ad ogni modo diffidate di pedigree dell’Est, tranne che davvero si tratti di razze che ancora non abbiano buoni allevamenti italiani. Hanno i certificati medici apparentemente a posto, ma poi spesso succede che questi piccoli si ammalino di malattie subdole, che i vaccini certificati non siano mai stati fatti, e che poverini soffrano di una serie di disturbi comportamentali legati alle precarie condizioni di vita, alla cattiva salute della madre ed infine all’anticipata separazione dalla stessa prima che il cagnolino sia stato correttamente socializzato.
ANDARE PERSONALMENTE IN ALLEVAMENTO
Il rimedio d’oro resta quello di andare a prendere da sé il cucciolo, nell’allevamento prescelto, e farsi un’idea di che tipo di allevamento sia, magari visitandone più di uno per vederne le differenze.     Vi piace?  Come sono tenuti i cani.  Anche il meno “esperto” sa cogliere la tristezza di cani cresciuti troppo a lungo nei box, e la felicità di un cane che ama ed è amato dal suo padrone.  Per la stessa ragione non si acquistano cani nei negozi, trattati come piccoli oggetti da vetrina, con l’intento di convincere qualche distratto passante.  Non è così che si decide di prendere un cane, e di nuovo che ne sappiamo di chi lo ha allevato.  Con il nostro “potere di acquisto” decidiamo noi e soltanto noi se pagare un allevatore quale compenso al buon lavoro fatto, o se incoraggiare e finanziare un’orda senza scrupoli di trafficanti di cuccioli.  
I CUCCIOLI NON SONO PACCHI POSTALI
Diffidate di quelli che il cucciolo ve lo spedirebbero.  Primo, vi privereste del piacere di conoscere il vostro allevatore.  Secondo, se non siete pronti a fare qualche chilometro per il vostro amico, chiedetevi perché vi prendete un cane.  Terzo, sono fortemente contraria a lasciare che un cucciolo che per la prima volta si allontana dalla madre e dai fratelli, faccia chilometri da solo nelle mani di un qualsivoglia corriere, è facile che questi cani poi divengano quelli che soffrono di mal d’auto a vita dopo una prima esperienza agghiacciante.   
MEGLIO LE ADOZIONI CHE GLI ALLEVAMENTI MEDIOCRI
Se c’è una differenza abissale nel prezzo richiesto dagli allevamenti veri e quelli finti e subdoli, e voi proprio non ve la sentite di spendere tanto, piuttosto che dirottare per ragioni di esclusiva convenienza su quei farabutti che, date le spese (in termini di tempo e denaro) ridotte al minimo, riescono a vendervi “cuccioli di razza” a prezzi stracciati, perché non pensare di andare al canile ed adottare un cagnolinoNon una seconda scelta, non un cane di serie B, una volta a casa un cane è una parte integrante della famiglia a prescindere dalle sue origini.  


LE RAZZE CANINE COME PATRIMONIO DA DIFENDERE
Insomma i veri allevamenti sono quelli che lavorano per dare qualcosa di più alla razza (al massimo 2-3 razze) a cui si dedicano, in termini non solo di perfetta morfologia, ma anche e soprattutto di carattere e salute.  Come dice Danilo Mainardi in Il cane secondo me: "le razze canine sono un patrimonio biologico e culturale che non dobbiamo perdere.  Chi si dedica a mantenere e migliorare tali razze fa dunque un'azione davvero meritoria. (...) Penso che il padrone ideale dovrebbe sentirsi il dovere morale di trattare ugualmente il campione e il bastardino.  Questo rende la scelta del cane meno importante, e ciascuno può, dopo averci ben pensato, fare a suo piacimento (...) Infine chi non accetta che il cane è una persona, è meglio che un cane in casa non lo prenda mai."


Dei trovatelli ad ogni modo parleremo nel prossimo post che tratterà appunto delle gioie dell’adozione.
Qualche link sugli ultimi sequestri:




mercoledì 16 marzo 2011

Terremoto in Giappone: Il cane che si rifiuta di abbandonare il compagno ferito

Il cane che si rifiuta di abbandonare il compagno ferito



Ci sono volute oltre due ore per riuscire a portare in salvo questo cane rimasto tra le macerie del devastante tsunami che ha colpito il Giappone. L'animale è stato rinvenuto dai soccorritori nella città di Mito, nella prefettura di Ibaraki, insieme a un altro cane gravemente ferito. All'arrivo dei soccorsi il cane si è rifiutato di abbandonare il compagno ferito e ha seguito gli umani solo dopo che l'altro cane era stato portato in un canile locale dove entrambi sono stati curati e accolti.

Benedetta Perilli

sabato 12 marzo 2011

ADOZIONE O ALLEVAMENTO 1: un dilemma morale...


LA RICERCA DEL CUCCIOLO
Dopo aver contattato buona parte degli allevamenti di Golden Retriever italiani, Vittoria e Rita dell’allevamento di Campovignone mi confermano che hanno una cucciolata disponibile: i cuccioli compiranno due mesi di lì a 15 giorni, sono sverminati, vaccinati (prima dose), hanno il libretto sanitario, pedigree da cui è possibile controllare che non esistono patologie ereditarie nelle famiglie dei due genitori, riceverò anche copia dei certificati medici che attestano la mancanza di displasia dell’anca e del gomito, controllo oculistico di  entrambi.  Le informazioni non sono solo univoche, da Rita a me, ma come vi raccontavo qualche post più addietro, anch’io vengo interrogata, per accertarsi che l’eventuale cucciolo non venga relegato in giardino, che tra me e Giovanni ci sia una certa continuità di presenza a casa, che la prima settimana dell’arrivo gli si possa dedicare più tempo, etc.
15 giorni sono un po’ pochi per pensare di fare 2 volte su e giù fino ad Arezzo, una prima volta per conoscere gli allevatori, una seconda per prendere il cucciolo.  Eppure nonostante la chiacchierata, nonostante la voce di Rita, dolce ed incoraggiante, e seriamente preoccupata per il cucciolo, nonostante il sito web, penso che forse forse ci toccherà il sacrificio. Voglio sapere in che condizioni cresce il mio futuro-cane.
UN CONSIGLIO INASPETTATO
A Giovanni viene l’idea, ma e se chiedessimo a Carlotta, che vive a L’Aquila (ndr erano ancora i felici tempi pre-terremoto), ma le cui milionate di foto di famiglia erano sempre farcite di succulenti pelosoni, tra l’altro oltre i bellissimi abruzzesi di famiglia lei ha proprio un golden retriever, l’irreprensibile, inimitabile, irraggiungibile Bit More
Carlotta non ha esitazioni quanto alla scelta della razza, poi generosa e prorompente come sempre mi propone 
“Magari se Bit si accoppia di nuovo potreste aspettare uno dei suoi cuccioli”  
“A dire il vero Carlotta, non vogliamo aspettare, ho trovato un allevamento vicino Arezzo ma non ho idea del se sia davvero un buon allevamento, ho letto che è così importante che i cuccioli crescano in un ambiente familiare..... “
Carlotta fiuta la traccia (Bit le ha decisamente trasmesso qualcosa) e mi interrompe “Arezzo?  Che allevamento?” 
“si chiama.... un nome strano.... aspetta che guardo..... ecco ....Campovignone”  
“NNNAAAAA!” fa eco lei fra l’entusiasta e l’incredulo
“Che c’è li conosci?” (io non  ho ancora un peloso ed il mio fiuto non è altrettanto buono)
“Campovignone, è lì che abbiamo preso il nostro BIT.  Sono bravissimi, favolosi, se vedi sul loro sito ci sono tante delle nostre foto.  Con Vittoria ci sentiamo ogni anno....”
7 millesimi di secondo dopo (mi auguro sempre di avere almeno salutato Carlotta prima di mettere giù, ma non gliel’ho mai chiesto) richiamavo Rita e le confermavo che si volevamo il cucciolo e di lì a 15 giorni saremmo andati a prenderlo. Dall’altra parte sento lo stesso sollievo, se si tratta di amici di Carlotta possiamo fidarci, sapranno prendersi cura del cucciolo.
Quella notte poi ero emozionata come un bambino.  Con la testa sprofondata sul cuscino ad organizzare tutti gli acquisti (cuscino, copertina, collare, guinzaglio, ciotole, giochi), come preparare la casa (il cucciolo avrebbe mordicchiato, sedie, libri sulle prime mensole della libreria - in realtà non ci avrebbe mai neppure provato), come sarebbe stato tornare con quel 
cosino tra le braccia? 
LA NOTTE DEI DUBBI
Poi inatteso ed a tradimento si insinua il dubbio. Non un dubbio su l’allevamento di Campovignone, né sulla razza prescelta.  Un dubbio di natura più profonda. Ho lavorato come volontaria all’ENPA di Parma per 3 anni durante i miei anni universitari (e di giovinezza, SIC!), ed avevo giurato che se mai avessi avuto un cane nella mia vita questo sarebbe stato un cane di canile, giammai avrei “acquistato” un cane.  E nemmeno 20 anni dopo rinnegavo tutto e pagavo fior di quattrini per un cane viziatello anziché salvare un peloso tradito dagli umani. Mi è tuttora difficile giustificare fino in fondo tale scelta-non-scelta, è stato un colpo d’amore a prima vista, e poi il fortificarsi della convinzione che questo primo cane, che con noi condivide viaggi multimillechilometrici, le lunghe giornate in profumeria a contatto di mille clienti diversi, le case di Homelink che ci consentono di fare vacanze favolose restando sempre a casa, dovesse potersi abituare a tutto.... Ci tenevo tanto, a prendere un cane fin da cucciolo, e ad un carattere solare ed aperto, anche perché mi sentivo nuova al compito di “educare” un quattrozampe.
Forse sono solo “giustificazioni” a posteriori, che, non fraintendetemi, non vogliono togliere ai cani trovatelli (sensibili, intelligenti, grati e fedeli), ma solo alla mia esperienza con i cani.  O forse ancora, rimane più onesto dichiarare apertamente che mi ero innamorata di questi cani gialli, grandi e sorridenti, e non ho neppure pensato a quel che facevo fino a quella lunga notte.  Adoro Frodo, adoro le sue allevatrici che tanto hanno dato a questi cuccioli. Ma vorrei in questo e nel prossimo post condividere qualche riflessione sulla questione “Adozione o allevamento”. Vi anticipo soltanto che ci sono casi in cui davvero NON SI DEVE acquistare da pseudo-allevatori, ed in cui è assolutamente meglio prendere un cane in adozione che incoraggiare quelli che trattano gli animali come prodotti in scatola.

sabato 5 marzo 2011

FACEBOOK: PROFILI CANINI IN PERICOLO DI ESTINZIONE


C’è una nuova paura che cavalca pagine e pagine di profili presenti su Facebook (FB). Il timore di poter essere cancellati da un istante all’altro, senza più traccia dei propri album di foto, pazientemente caricati nel tempo una foto alla volta, senza più l’elenco dei contatti più o meno lungo a secondo del proprio “grado di socialità”, senza più traccia dei threads di messaggi lasciati in bacheca dall’autore e dai propri amici. Tutto inghiottito in una nuvoletta.

Tutto da contratto. Quel contratto che ciascuno di noi “accetta” quando creiamo un profilo sul principale dei social network. Questo esplicitamente prevede che non si abbia alcun diritto di tutela, che se Facebook decide, possiamo essere cancellati da un istante all’altro. In genere per “segnalazioni” di altri utenti per contenuti giudicati offensivi, immorali, violenti. O perché stiamo usando un nome fittizio, una identità celata.

E qui siamo nel caso che ci interessa: i profili degli animali, del nostro cane, gatto, coniglio. ma ho conosciuto anche una papera di grande carattere ed un criceto dalla lingua più tagliente degli aguzzi denti. Non sono mai stata un’accanita di fan di FB, non ho pazienza e continuità, 2 grandi doti dei profili più riusciti. Posto per lo più quando sono in vacanza..... forse perché mi pare di avere più cose da raccontare, e soprattutto foto da condividere, forse perché, inevitabilmente, in vacanza si ha più tempo.

Però confesso che da quando ho creato il profilo di Frodo, la FB mania mi ha preso in tutta la sua impetuosità, da casa, da lavoro, dal cellulare. Con quell’impaziente desiderio di rispondere battuta su battuta, commento su commento, di postare, caricare scatti della vita quotidiana, pensieri estemporanei, routines, idee recondite e idee triviali.

Si perché li fuori c’è una comunità di proprietari di cani che danno voce ai propri “pets”, ne creano caratteri e profili, ognuno con una sua spiccata personalità, che parlano con accenti degli stati del Sud (USA), o raffinati New Englanders, accenti campagnoli del Galles o della Scozia, o snob Londoneers. Ci si incontra poi in questo doggy park fluttuante e globale nel mezzo dell’etere, e si racconta il mondo visto da loro, dai nostri pets, il quotidiano ad altezza delle ginocchia (o caviglie....!). Gli essere umani ne escono rappresentati in tutte le loro manie (a che servono le lavastoviglie quando orde bramose di linguacce canine sarebbero ben liete di fare tornare scintillanti stoviglie e posate; perché ostinarsi a passare l’aspirapolvere quando una buona scrollata può in un nanosecondo riportare tutto allo stato primordiale?). Le ideologie canine poi sono una lezione di vita, parlano di ossi e biscotti, pisolini da schiacciare sul divano, al limite di passeggiate e vacanze ma evitano i pericolosi ed inutili voli delle umane menti.

Al solito socializzare tramite i propri “pets” è molto semplice ed immediato, un’istantanea simpatia e l’impossibilità di non avere argomenti comuni, sono solo gli elementi più evidenti di questa strana alchimia che scatta tra “padroni”.

Ma torniamo a FB, cosa può importargli mai di cosa un labrador spagnolo, un bassett-hound ed un’oca inglese si dicono? Secondo FB si tratta di “raggiro” i pets non sono persone e come tali violano la prima delle regole dei social network. Ma come mi chiedo, Frodo è iscritto all’anagrafe, ha un passaporto, ha il microchip ed ancora non basta per essere definito persona? E se FB proprio tanto ci tiene ad evitare false identità perché non richiede che chiunque si iscriva al network (umano o meno) compili quei campi cui noi italiani siamo tanto abituati: a cominciare dal codice fiscale, indirizzo di residenza, stato di famiglia originale, certificato di nascita, gruppo di sangue, 3 testimoni di comprovata identità, etc etc?

No, questo rallenterebbe la crescita vorticosa del network. Probabilmente riempire una trentina di campi lascerebbe vivi solo gli italiani che le lungaggini burocratiche oramai, a forza o a ragione, ce le hanno nel DNA. La selezione FB la fa dopo, in totale arbitrarietà. Il punto rimane quando gli animali saranno riconosciuti e trattati come persone nel mondo reale se persino in quello un po’ glossato e fittizio di FB (dove dall’oggi al domani diventi amico di diosachi e sei pronto a mostrargli i tuoi umori più sanguigni e cari album di famiglia) fanno tanti problemi?